Consigli del cuore

Se dobbiamo addolcire… facciamolo bene!
apr 20 2020

Se dobbiamo addolcire… facciamolo bene!

Come abbiamo già avuto modo di approfondire, in una corretta ed equilibrata alimentazione, un giusto controllo dei valori glicemici indotti dai nutrienti è essenziale per preservare al nostro organismo reazioni che possono, nel tempo, diventare patologia. Oltre ai macronutrienti (soprattutto carboidrati) che per quantitativi e tipologia assunti rappresentano la parte più consistente da tenere controllata, un utile approfondimento lo meritano i dolcificanti, per molte persone di consumo quotidiano.
Pensiamo quindi idealmente di prendere insieme un caffè al termine di un pasto salutare. A proposito, il caffè non impatta negativamente a livello glicemico, è neutro anche se non bisogna sicuramente esagerare (massimo 3/4 al dì per non creare acidità allo stomaco). Quello che fa la differenza, che sia un buon the (non confezionato), una tisana, una spremuta d’arancia fatta al momento (non un succo confezionato), il latte mattutino (meglio senza lattosio) o che sia appunto il caffè, è se e cosa utilizziamo come dolcificante.

Partiamo dal presupposto che la partita si chiuderebbe in vittoria in maniera molto rapida se si scegliesse di gustarsi il vero sapore dell’alimento in questione senza l’aggiunta di nessun prodotto! Le cellule gustative, seppur si adattino in maniera veloce ai nuovi e diversi gusti, bisogna lasciarle il tempo di farlo. Sicuramente poco efficiente è la strategia di ridurre o eliminare improvvisamente ciò a cui si erano in settimane, mesi, anni abituate. Lo stesso discorso vale per i dolcificanti e ovviamente col sale (col vantaggio che è sostituibile dai vari e gustosi aromi delle spezie), ovvero gradualmente di ridurre le dosi in modo da “non far percepire” il cambiamento positivo! Se siamo abituati a due cucchiaini di zucchero, dopo la prima settimana scendiamo a 1 e mezzo, poi ad uno, poi a mezzo. L’OMS , Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle linee guida consiglia con una raccomandazione definita dalla stessa “strong” nella riduzione al minimo del consumo. Viene citato come riferimento un consumo inferiore al 10% di energia totale introdotta. Questo si traduce in un “meno è meglio è”: senza dare riferimenti o senza fare calcoli complicati, bisogna ridurre o eliminarne il consumo. Facendo due calcoli semplici, considerando una media di due caffè giornalieri, mettendo un cucchiaino di zucchero, introduciamo nel nostro corpo circa 10g al giorno. Vedremo poi l’effetto che si traduce all’interno del corpo, se pensiamo poi che queste usanze si protraggono senza interruzione (anzi, molto spesso con delle occasioni di aggiunte), si consumano in un anno 365 x 10 g = 3650 g ovvero quasi 4 Kg l’anno di zucchero puro! Questo impatta a livello glicemico e anche nel rischio di sviluppare un sovrappeso1. Riduciamo gradualmente, funziona!
Se questo non dovesse funzionare o comunque non si dovesse fare a meno del dolcificante, andiamo ad analizzare i più comuni e, riprendendo il concetto della glicemia, a considerarne le conseguenze sul nostro organismo. Ripassiamo velocemente ricordando che l’indice glicemico (GI) è quanto un alimento rialzi la glicemia, ovvero la quantità di zucchero nel sangue e come questo traduca in una serie di “fatiche” che il nostro corpo deve fare per limitare i danni che questo rialzo comunque comporta (maggior liberazione di insulina). Un altro concetto importante è il carico glicemico (GL) ovvero quanti carboidrati, quanti zuccheri quell’alimento contiene e in quali dosi viene consumato. Un piatto di pasta bianca non soltanto ha indice glicemico alto, ma contiene tanti carboidrati e solitamente se ne mangia in alta dose. Questo produrrà un rialzo più violento che un pasticcino che magari ha indice più alto ma se ne mangia in piccole dosi (questo non ne giustifica però il consumo che rimane comunque molto aggressivo!). Per capire meglio i concetti, dopo aver preso in rassegna i dolcificanti più comuni, proporremo un grafico che mostri la reazione del corpo proporzionale a ciò che mangiamo.

Partiamo da un esempio che viene comodo perché, per convenzione, in medicina viene preso come GI di riferimento quello del glucosio (100). Lo zucchero bianco, è costituito dall’unione di fruttosio e glucosio. Ha indice glicemico 70, uno dei più alti in assoluto.
Lo zucchero bianco quindi ha impatto, usando la formula del carico glicemico:
(Indice glicemico x Carboidrati in 100 g ) / 100, nel nostro caso:
(70 x 100) / 100 = 70
Lo zucchero di canna? Siamo leggermente più bassi, presenta stesso indice glicemico, solo qualche carboidrato in meno, sovrapponibili.
( 70 x 98 ) / 100 = 68,6
Come risulta evidente, non è la colorazione un po’ più scura che giustifica l’utilizzo dello zucchero di canna, anche se meno di quello bianco, rimane comunque molto aggressivo glicemicamente parlando.
Passiamo quindi ad una prima possibile parziale soluzione, un’alternativa a questi primi due considerati, il fruttosio. Questo è composto al 100% da carboidrati come quello bianco, ma di una qualità preferibile, è lo zucchero che troviamo nella frutta, ha un indice glicemico di 20! Un sesto di quello bianco.
(100 x 20) / 100 = 202! Non soltanto è quindi meno aggressivo, ma ne basta meno come quantità avendo più potere dolcificante dei due esempi iniziali. E il miele? Dipende dai vari tipi, dipende dal rapporto presente tra fruttosio e saccarosio. Ci sono delle qualità di miele che hanno molto fruttosio e meno saccarosio (acacia ed eucalipto) che quindi vanno prediletti avendo indice glicemico di 403.
Prodotto Indice glicemico (GI) Carico glicemico (GL) Utilizzo
Zucchero bianco, saccarosio 70 70 Sarebbe ideale eliminarlo o sostituirlo con alternative
Zucchero di canna 70 68 Anche questo andrebbe eliminato avendo un grosso impatto glicemico
Fruttosio 20 20 Preferibile agli altri, sempre stando attenti alle dosi!
Miele acacia / eucalipto 40 34 Questi due esempi, sempre in dosi giuste vanno preferiti
Altri tipi di miele 60 50 Andrebbero sostituiti dai due sovracitati

Un discorso a parte va fatto per la Stevia ovvero un estratto naturale dalle foglie dell’omonima pianta. Anch’essa ha una potere dolcificante più forte dello zucchero normale, addirittura 30-400 volte maggiore! L’impatto glicemico si può considerare praticamente prossimo allo zero. Solo in dosi massive (così come tutti i dolcificanti citati) può indurre effetto lassativo. In passato è stata al centro di qualche accusa per possibili danni secondari al consumo. Oggigiorno si è mossa la società europea della sicurezza alimentare EFSA che ha escluso qualsiasi possibile effetto dannoso se consumato entro le dosi raccomandate, come d’altronde anche gli altri dolcificanti. (non più di 4mg/Kg di peso corporeo)

Mettiamo a confronto due colazioni, la “salutare” e l'aggressiva”, ipotizzando simile il quantitativo e osserviamo come facciamo cominciare ogni giornata, per 365 giorni l’anno, il nostro organismo. Per facilitare e riprendere i concetti di apertura dell’articolo, segue un grafico:
Alimento Salutare (indice glicemico) Aggressiva (indice glicemico) Osservazioni
Proteina, 1 tazza di latte (200 ml) Latte senza lattosio (32) Latte intero (34) Indice glicemico simile, nel secondo caso, però, introduzione marcata di grassi (colesterolo)
Carboidrato 1 (1 pezzo) Arancia (35) Brioche liscia (70) Rialzo glicemico doppio (!), divario che aumenta farcendo la brioche
Carboidrato 2 (manciata di cereali) Avena (40) Riso o con farina bianca (70) Grande differenza nel rialzo glicemico
Carboidrato 3 (2 biscotti) Biscotto farina 100% integrale (50) Frollino farina tipo 00 (75) Grande differenza nel rialzo glicemico
Dolcificante (nessuno o un cucchiaino 5 g) Nessuno o al massimo 1 cucchiaino di fruttosio (20) 1 cucchiaio saccarosio, zucchero bianco (70) Rialzo glicemico più che triplicato

 
Le linee tratteggiate, ovvero l’andamento medio glicemico, possiamo considerarle come la quantità di insulina che il nostro pancreas deve produrre per tamponare l’aumento di zuccheri nel sangue. La continua richiesta di insulina per mesi, anni, può portare alla condizione di prediabete o diabete.

Come si può notare semplicemente leggendo le etichette delle bibite gassate e dei succhi di frutta confezionati, la quantità di zucchero che contengono è enorme e per questo andrebbero eliminate. Prendiamo per esempio una nota bibita gassata facendo un semplice calcolo leggendo i valori nutrizionali dichiarati. Ci sono, in una lattina, 35 grammi di zucchero ovvero l’equivalente di 7 cucchiaini di zucchero… bianco! (40% del fabbisogno quotidiano di un adulto, in una semplice lattina!!!) Attenzione poi alle versioni “light”, “zero” o alle diciture “senza zuccheri aggiunti” che corrispondono a prodotti comunque dannosi, da evitare.

E’ utile ricordare che, come è giusto che sia, già in parte abbiamo un’introduzione di zuccheri buoni da ciò che consumiamo con regolarità, per esempio la frutta. Una mela, ad esempio, contiene 6 grammi di fruttosio in 100 grammi. Considerando che una mela pesa circa 200 g, ecco che in un buon salutare spuntino mattutino o pomeridiano forniamo degli zuccheri al nostro corpo, salutari e con gusto!


1 - https://www.who.int/publications-detail/9789241549028

2 - https://www.utifar.it/uploads/model_24/tabella-indici-glicemici.pdf

3 - https://www.glycemicindex.com/foodSearch.php

4 - https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/ans100414

Categoria Educazione
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